LibreriadelSanto.it - La prima libreria cattolica online

martedì 14 marzo 2017

Matteo, Capitolo 5, Versetti 31-32



È stato poi detto: <<Chiunque ripudierà la propria moglie le dia il libello di ripudio>>. Ma io vi dico che chiunque ripudierà la propria moglie, eccetto il caso dell’adulterio, la fa divenire adultera, e chi avrà sposato la ripudiata commette adulterio.

Glossa: Prima il Signore aveva insegnato che non bisogna desiderare la moglie altrui: di conseguenza qui insegna che non bisogna ripudiare la propria.

Crisostomo: Quando Mosè trasse i figli di Israele fuori dall’Egitto, per origine certamente erano Israeliti, ma per costumi Egiziani. Per i costumi dei Gentili accadeva che il marito odiasse la moglie, e poiché non era permesso ripudiarla, era pronto a ucciderla o ad affliggerla continuamente. Per questo comandò che fosse dato il libello di ripudio, non perché era bene, ma perché era il rimedio a un male peggiore.

Agostino: Chi poneva ostacolo al divorzio mostrò, per quanto poté, agli uomini duri che egli non voleva la separazione. Il Signore dunque, per confermare ciò, affinché la moglie non venisse facilmente ripudiata, fece eccezione solo per l’adulterio; tutte le altre pene, se ce ne fossero state, comanda di sopportarle con fortezza per la fedeltà coniugale.

Crisostomo: Se infatti dobbiamo sopportare i difetti degli estranei, secondo le parole dell’Apostolo (Gal 6,2): <<Portati i pesi gli uni degli altri>>, quando più delle mogli? Il marito cristiano poi non solo non deve macchiare se stesso, ma nemmeno deve dare agli altri l’occasione di corrompersi: altrimenti il loro peccato ridonda su di lui, che è divenuto la causa della loro mancanza. Chi dunque ripudiando la moglie le ha dato occasione di commettere degli adulteri, in modo che essa commetta adulteri con altri e altri con essa, è condannato a causa di questi adulteri.

Agostino: L’Apostolo poi mostra il termine di questo precetto, poiché dice che bisogna osservarlo finché vive suo marito. Quando questo è morto, dà la licenza di sposarsi. Se poi non è concesso a un altro di sposare la donna finché vive il marito da cui si è allontanata, molto meno è concesso commettere cose illecite con una donna qualsiasi. Questo precetto poi con cui il Signore vieta di ripudiare la moglie non è violato se uno vive con essa non carnalmente, ma spiritualmente, sebbene non la ripudi. Infatti sono più beati i matrimoni di coloro che per comune accordo osservano la continenza. Sorge però qui una domanda: dato che il Signore permette di ripudiare la moglie a motivo dell’adulterio, ci si chiede in che modo vada qui inteso l’adulterio: se cioè dobbiamo intendere per adulterio il fare cose vergognose, oppure intenderlo più in generale secondo l’uso della Scrittura che chiama adulterio qualsiasi illecita corruzione, come l’idolatria o l’avarizia, e ogni trasgressione della legge mediante un’illecita concupiscenza. Ma se è lecito, secondo l’Apostolo, ripudiare la moglie infedele, sebbene sia meglio non ripudiarla, e tuttavia non è lecito secondo il precetto del Signore ripudiare la moglie se non a motivo dell’adulterio, l’adulterio è anche la stessa infedeltà. Certamente, se l’infedeltà è adulterio, e l’idolatria è infedeltà, e l’avarizia idolatria, non c’è dubbio che anche l’avarizia è adulterio. Chi dunque potrebbe rettamente escludere dal genere dell’adulterio ogni illecita concupiscenza se l’avarizia è adulterio?

Nessun commento:

Posta un commento

LibreriadelSanto.it - La prima libreria cattolica online