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lunedì 30 gennaio 2017

Matteo, Capitolo 5, Versetti 1-3



Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e, sedutosi, si avvicinarono a lui i suoi discepoli, e aprendo la sua bocca li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Crisostomo: Ogni artefice, secondo la sua professione, gioisce vedendo l’utilità dell’opera: infatti il falegname, se vede un buon albero, desidera tagliarlo per la necessità del suo mestiere; e il sacerdote, quando vede la chiesa piena, si rallegra nell’animo e gioisce per l’occasione di insegnare. Così anche il Signore, vedendo una grande assemblea di popolo, fu mosso a insegnare.

Crisostomo: Pe il fatto che si sedette non in una città e in una piazza, ma su un monte e nella solitudine, ci insegnò a non fare nulla per ostentazione, e a salire dei rumori, soprattutto quando bisogna occuparsi di filosofia e dissertare su cose serie.

Agostino: La filosofia non può avere altro fine se non il sommo bene; ora, il sommo bene ci rende beati Per questo il Signore comincia dalla beatitudine dicendo: Beati i poveri in spirito.

Agostino: La presunzione dello spirito indica insolenza e superbia. Ora, generalmente si dice che i superbi hanno uno spirito grande, e giustamente, poiché lo spirito è detto vento, e chi non sa che i superbi sono detti gonfi, come dilatati dal vento? Per cui giustamente qui per poveri in spirito si intendono gli umili e i timorati di Dio, coloro cioè che non hanno uno spirito che gonfia. 

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